Dopo mesi di braccio di ferro ArcelorMittal decide di lasciare l’Ilva e l’acciaieria di Taranto. Quanto la decisione sia irrevocabile e non il tentativo di alzare il livello della trattativa con il Governo, lo si scoprirà forse domani se, effettivamente, verrà ordinato il «piano di ordinata sospensione di tutte le attività produttive a cominciare dall’area a caldo dello stabilimento di Taranto» annunciato dal nuovo amministratore delegato Lucia Morselli. Nel frattempo domani può essere il Parlamento a fermarsi. La Lega di Matteo Salvini minaccia infatti di bloccare i lavori parlamentari «se il Governo e il premier Conte non si presenta in Aula a riferire su Ilva». Richiesta comune a tutte le opposizioni. Mentre l’ex ministro Carlo Calenda tuona contro i suoi ex compagni che hanno votato contro lo ‘scudo penalè: «Pd, M5S, Italia Viva: siete degli irresponsabili. Avete distrutto il lavoro di anni e mandato via dal Sud un investitore da 4,2 miliardi per i vostri giochini politici da 4 soldi». Perché il nodo è sempre «lo scudo penale», una «tutela legale» che i manager di ArcelorMittal vogliono (ma ora sembra, persino, i capireparto di Taranto) e che il Governo ha tolto con il decreto SalvaImprese. Il colpo di scena nella vicenda industriale più controversa degli ultimi decenni, arriva in mattinata, quando un comunicato in inglese, diffuso dal quartier generale di Londra solo ai media stranieri (sarà diffuso ai media italiani in un secondo momento), annuncia che ArcelorMittal ha inviato ai Commissari straordinari dell’Ilva la notifica della sua decisione di risolvere il contratto e restituire gli asset dell’ex Ilva all’Amministrazione Straordinaria, ovvero allo Stato. Il passaggio di asset e dipendenti avverrà fra 30 giorni. Domani pomeriggio i vertici di ArcelorMittal sono stati convocati da Conte a Palazzo Chigi. «Faremo di tutto per tutelare investimenti produttivi, livelli occupazionali e per proseguire il piano ambientale» assicura il premier. mentre il ministro Patuanelli afferma: «Non consentiremo la chiusura dello stabilimento. La questione dello scudo penale è una foglia di fico, un alibi per nascondere un altro problema». Dichiarazioni che arrivano dopo una serie di vertici, prima al Mise e poi a Palazzo Chigi ai quali hanno partecipato i ministri interessati Costa (Ambiente) Provenzano (Sud), Catalfo (Lavoro) e Speranza (Salute), il premier conte e il ministro dell’economia Roberto Gualtieri. Tornando ad AcelorMittal, la mossa di oggi arriva a meno di un mese di distanza dall’arrivo del nuovo amministratore delegato Lucia Morselli (un passato alle acciaierie di Terni controllate dalla ThyssenKrupp) e dopo una serie di incontri serrati nei giorni scorsi fra il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli, i vertici italiani dell’azienda e i sindacati per trovare l’ennesima soluzione all’ultima crisi produttiva, ambientale e soprattutto politica che grava sulla più grande acciaieria d’Europa. Tolto «lo scudo penale» ArcelorMittal ritiene di avere il diritto di recedere dal contratto siglato nel 2017 con i commissari straordinari Pietro Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba (poi cambiati da Di Maio), contratto che è stato modificato nel settembre 2018, quando Di Maio era al Mise, con l’aggiunta di una clausola (la 27.5) che corrisponde a quanto afferma ArcelorMittal nella sua nota e cioè che «nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l’attuazione del piano industriale, la Società ha il diritto contrattuale di recedere dallo stesso Contratto». Una clausola inserita nel contratto quadro di affitto nel periodo in cui Di Maio, in qualità di Ministro dello Sviluppo Economico, trattava con ArcelorMittal per migliorare l’accordo firmato con il precedente governo in termini occupazionali e ambientali