La lotta alla mafia non si ferma mai e il recente arresto di Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede, lo dimostra ancora una volta. I carabinieri del Ros l’hanno arrestata con l’accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall’aver agevolato Cosa Nostra. Secondo le indagini, la donna sarebbe stata vicina a Matteo Messina Denaro, il boss latitante, e farebbe parte della rete di complici che lo avrebbe protetto nel corso della latitanza.
Laura Bonafede avrebbe provveduto alle necessità di vita quotidiana del latitante, gli avrebbe fatto la spesa per fargli avere rifornimenti temendo che potesse essere contagiato dal Covid e non potesse uscire, avrebbe condiviso con lui un linguaggio cifrato per tutelare l’identità di altri protagonisti della rete di protezione del boss e curato con maniacale attenzione la sua sicurezza.
La maestra sarebbe stata uno dei perni intorno al quale ha ruotato la clandestinità di Messina Denaro già a partire dalla metà degli anni ’90. Cugina del geometra Andrea Bonafede che ha prestato l’identità al boss, cugina del dipendente comunale, anche lui di nome Andrea Bonafede, che ha provveduto a fargli avere le ricette mediche necessarie alle terapie da affrontare per le cure del cancro, e di Emanuele Bonafede, uno dei vivandieri del padrino arrestato insieme alla moglie, la maestra è sposata con il mafioso ergastolano Salvatore Gentile, in cella per aver commesso due efferati omicidi su ordine proprio di Messina Denaro.
L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dal pm della Dda Gianluca de Leo, confermando l’impegno delle autorità italiane nella lotta alla criminalità organizzata.