Sempre uguale a se stesso, il persecutore e assassino Aurelio Galluccio, 65 anni. Fino all’ultimo. Nella notte tra martedì e mercoledì, aveva aggredito l’ex moglie Adriana Signorelli. La donna, 59 anni, aveva chiamato la polizia, era intervenuta una «volante» e la giustizia milanese aveva avviato una procedura di «codice rosso», ovvero aveva registrato il caso di pericolo — a maggior ragione considerato il profilo balordo di Galluccio, uno già in cella per maltrattamenti famigliari — e aveva invitato Adriana, come primo argine, ad andarsene dalla sua abitazione in via San Giacomo 4. Non era successo.
Eppure, ha rimarcato il capo della Procura Francesco Greco, «quel che si poteva fare è stato fatto», ed è «illusorio» pensare che «si possano risolvere vicende come queste solo con la galera» poiché «ci sono casi in cui si è impotenti rispetto alla pazzia umana». E poi, certamente, il «codice rosso», ha aggiunto, è uno strumento «utile», ma «il problema è come gestirlo». Qui Greco si riferisce alla progressione di denunce — una trentina al giorno, a Milano, più di una ogni ora contando il giorno e la notte —, alla crescita spaventosa di pestaggi, agguati, vendette: e allora il rischio, concreto, è di «non riuscire a estrapolare i casi più gravi» anche perché «tutti quanti i casi per legge devono essere trattati con urgenza».
Adriana aveva garantito che si sarebbe rifugiata nella casa della figlia Silvana, nell’hinterland. La stessa figlia ha trovato la mamma senza vita all’una e un quarto di domenica, il corpo riverso sul pavimento della cucina, la schiena trafitta da profonde coltellate, almeno cinque. Contrariamente alle promesse ai poliziotti, la vittima non ha mai lasciato l’appartamento nella periferia popolare sud di Milano, quello delle reiterate violenze nel tempo dell’ex, che la picchiava e inseguiva, che bruciava la porta d’ingresso, che minacciava di morte, che piombava, com’è piombato sabato, sudato fradicio, alterato dagli psicofarmaci buttati giù insieme agli alcolici.
L’omicida, non si sa se perché in duraturo stato confusionale a causa per l’appunto di pasticche e bicchieri, oppure per una recita, ancora sta farfugliando davanti agli inquirenti, dice che non ricorda, che comunque non c’entra. Le sue parole non sono dirimenti per indirizzare gli investigatori della Squadra Mobile. Resta da capire l’orario esatto dell’agguato, avvenuto non prima delle 14, quando figlia e mamma si sono sentite al cellulare, e forse non dopo le 22, quando la figlia ha richiamato, stavolta invano: il cellulare squillava a ripetizione. E resta da capire la genesi dell’omicidio. Alcuni vicini di casa sostengono d’aver sentito l’ennesimo litigio, altri al contrario dicono che la coppia camminava tranquilla, anche sorridendo, all’esterno del condominio. Ciò premesso, il generale contesto abitativo non aiuta, nella misura in cui la prepotenza di Galluccio, in generale in guerra col mondo, era insistita e diffusa, e così le pesanti discussioni in quell’appartamento, il rumore di oggetti scagliati, si mischiavano alle offese sulle scale e agli inviti a farsi i fatti propri, inviti di solito, con omertà, rispettati.
L’assassino è piantonato in ospedale, al San Paolo: nelle fasi successive all’intervento sulla scena del crimine, alla guida della sua Citroen C3 aveva cercato di investire gli agenti e Silvana, nata come il fratello Alessandro da una precedente relazione. Galluccio non era riuscito nell’intento e aveva perso il controllo della macchina, terminata su un’aiuola. Sceso dall’abitacolo, era stato colto da una crisi respiratoria. I prossimi passaggi dell’inchiesta saranno la richiesta di convalida del fermo e di trasferimento in carcere. Diventa tristemente accessorio ripetere quale esistenza ha avuto Adriana prima d’essere assassinata. A volte Galluccio «spariva», sembrava che avesse finalmente deciso di smetterla, ma era solo un’illusione, come hanno ripetuto i figli negli uffici della squadra Mobile, forse era solo un trucco per illudere e ulteriormente impaurire al pensiero di un suo ritorno. E infatti tornava. Più inferocito e vendicativo.