Il comparto dell’automotive rischia di subire un pesantissimo contraccolpo per il lockdown di questi mesi con la perdita, nel periodo marzo-maggio, di quasi 300.000 vendite di vetture nuove ed almeno altrettante usate. È quanto si legge in una nota di Confcommercio Mobilità. Nei primi giorni di riapertura del settore, rileva la federazione, le vendite si stanno concentrando sulla fascia bassa di prezzo e in molti casi i rivenditori ed alcune case stanno praticando offerte di vendita dilazionate, a tasso molto contenuto se non nullo e con differimento nel pagamento delle prime rate. Iniziative, purtroppo, che non sono ancora sufficienti a dare ossigeno al mercato. In mancanza di interventi di sostegno pubblico, infatti, per il 2020 si prevede un calo del 45% sulle immatricolazioni rispetto al 2019 che passerebbero così da 1,9 mln a poco più di 1 milione. Un vero e proprio crollo che metterebbe a rischio la sopravvivenza del settore con inevitabili conseguenze anche sull’occupazione.
«Si tratta di una situazione insostenibile che sta minando i conti e la tenuta delle nostre aziende in difficoltà da anni. Già la crisi economica del 2007/2009 aveva determinato la perdita del 35% del mercato delle nuove immatricolazioni di autovetture con inevitabili e drammatiche ripercussioni sulle imprese del comparto, in particolare i concessionari, con la chiusura di circa 1.400 realtà», sottolinea il presidente della federazione Simonpaolo Buongiardino. Per questo Confcommercio Mobilità chiede incentivi straordinari e immediati a beneficio dei clienti privati ed un quadro di riferimento migliore per l’utenza aziendale e partite Iva. Tra le proposte, un contributo all’acquisto di auto nuove, non solo elettriche, da articolare come bonus rottamazione per favorire il ricambio del parco circolante, tra i più vetusti d’Europa; la definitiva eliminazione del superbollo, una tassa ingiusta e non più sostenibile; la forfettizzazione dell’Ipt ai livelli minimi e uguali su tutto il territorio. Per le utenze aziendali, infine, portare la detraibilità dell’Iva, oggi al 40% salvo alcune eccezioni, fino al 100%, come peraltro avviene negli altri paesi europei.