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L’infertilità colpisce in tutta Europa circa il 10% delle coppie e il 64% degli europei afferma di conoscere almeno una coppia con difficoltà nell’avere un figlio. Eppure, il ricorso ai trattamenti di fecondazione assistita eterologa è ancora un argomento difficile da affrontare. Le difficoltà nel parlarne proseguono anche dopo la nascita di un figlio e riguardano il se e il come raccontargli questo loro viaggio. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Francesca Zucchetta, Psicologa-psicoterapeuta esperta in tematiche di infertilità di coppia e Procreazione Medicalmente Assistita di Clinica Eugin

  La fecondazione assistita eterologa apre la possibilità a molte coppie affette da infertilità e sterilità di realizzare il sogno di genitorialità. Si potrebbe pensare che molte di loro abbiano vissuto e vivano questa opportunità quasi con sollievo, ma la questione non è così semplice. La decisione di ricorrere alla donazione di gameti maschili, femminili o di entrambi i partner, è, al contrario, molto complessa, specialmente dal punto di vista emotivo. Alcune preoccupazioni persistono per tutto il percorso e anche dopo la nascita del bambino, e sono condivise da gran parte delle coppie. Una tra queste riguarda il dubbio sul se e come raccontare al proprio figlio come è nato.

“Mi capita molto spesso di aiutare coppie che si trovano ad affrontare il delicato percorso che le porterà a raccontare al figlio come è venuto al mondo. Molti sono i dubbi espressi ancora prima di iniziare il percorso, a partire dall’obbligatorietà o meno di comunicare al figlio la loro scelta. Un primo passaggio fondamentale è dare alle coppie informazioni corrette. Il paragone con il percorso adottivo – per il quale vi è una normativa che impone ai genitori adottivi di informare il bambino – viene spontaneo. Per il percorso di fecondazione assistita eterologa non vi è, invece, una legge. Pertanto, i genitori hanno la facoltà di scegliere. Alleggeriti dalla notizia che non vi è un vincolo normativo, le coppie desiderano comunque sapere cosa è meglio per se stessi, per il figlio e per il proprio progetto di famiglia. La libertà di poter scegliere, infatti, fa emergere il senso di responsabilità di “fare la cosa giusta.” spiega la dottoressa Zucchetta, Psicologa-psicoterapeuta esperta in tematiche di infertilità di coppia e Procreazione Medicalmente Assistita di Clinica Eugin.

I dubbi riguardano poi il timore che, svelando il ricorso alla donazione dei gameti, si possa essere rifiutati dai figli, perdere la loro fiducia e inserire nella loro vita un elemento di incertezza e stress capace di alterare il loro equilibrio psicologico. I timori riguardano anche l’inevitabile reazione dell’ambiente esterno che, magari proprio tramite il figlio, verrebbe a sapere delle sue origini.