Il Dg dello Spallanzani è il nuovo direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute.

 

Di Giovanni Tagliapietra

Qualche tempo fa un autorevole quotidiano lo definì “l’uomo che sussurra alla premier”. Un commento ironico, acido, per sottolineare la confidenza eccessiva tra i due personaggi ingombranti, capaci di occupare la scena a dispetto di tutti.  Ci piace usare quella definizione rovesciandone il significato nel giorno in cui Francesco Vaia riceve un prestigioso riconoscimento per una lunga carriera lunga e faticosa, tormentata, ma alla fine ricca di soddisfazioni e di rivincite. Figura trasversale e ingombrante, con sponsor sia a destra che a sinistra, scrivono i giornali di sinistra; ma il Corsera gli fa ponti d’oro e i media vicini al governo mostrano di apprezzarlo. Oggi incassa la nomina a direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della salute dopo aver dato un contributo decisamente importante alla lotta contro la pandemia di covid non solo come manager dell’IRCCS che ha guidato la battaglia contro il virus, lo Spallanzani, ma come personaggio pubblico, come testimonial di una battaglia che non poteva essere persa. Vaia è ora uno degli uomini più popolari sul palcoscenico italiano.  Ha un potere mediatico enorme, televisioni, radio, concerti, libri, interviste. Ha scoperto di avere un grande appeal, un grande fascino, e lo usa fino in fondo. Ma è essenzialmente un medico, va dove serve il suo sapere, la sua esperienza. Ha sposato una causa, quella della prevenzione contro tutti i pericoli che possano venire per la salute pubblica e individuale, ha individuato un interlocutore, il pubblico dei giovani che facendo tesoro di una serie di suggerimenti, potranno avere una coscienza dei problemi e imparare a tenere lontano i pericoli delle malattie. Nel suo nuovo incarico potrà proseguire questo dialogo con la opinione pubblica, e con il potere conferito dal ruolo potrà essere estremamente utile al paese.
Restiamo al medico.  Nel corso della sua carriera è stato in molti ospedali e aziende sanitarie, ha maturato esperienze, ha conosciuto realtà diverse. Non è un barone universitario, non è uno scienziato con alle spalle un maxi impact factor come tanti “colonnelli” che popolano il Ministro. E’ un manager sanitario, pratico, intelligente, spregiudicato. Hanno ragione quando dicono che ha impresso la svolta alla crisi sanitaria del Covid. Era arrivato allo Spallanzani poche settimane prima che scoppiasse lo tzunami covid, prima che arrivasse la famosa coppia di cinesi infetti. Da direttore sanitario ha rovesciato l’ospedale come un calzino e lo ha re-impostato per reggere l’impatto con la pandemia. Ha capito prima di altri cosa stava succedendo, e poi da direttore generale ha retto il peso della situazione diventando in fretta quello che oggi si definisce un  “influencer”.  Senza essere in Regione, senza essere al Ministero un po’ alla volta ha finito per essere lui a dare la linea, una linea moderata, aperta, positiva, ottimista, anche in contrasto con la posizione ufficiale del Ministero. Ha maturato nel tempo un consenso enorme e ha cambiato completamente il volto dello Spallanzani, umanizzandolo e caratterizzandolo.
Non poteva non suscitare un odio profondo e una grande invidia da parte di molti, gli hanno sparato addosso a palle incatenate, hanno riesumato il suo passato, le sue aree grige, la sua appartenza politica (agli antipodi rispetto al governo nazionale e regionale dell’epoca);  se è sopravvissuto ci sarà un perché.  Nessun giudizio umano, politico, professionale da parte nostra, solo il riconoscimento dei fatti. Se è stato veramente il consigliere ombra della Meloni oggi la sua platea è il paese. I media hanno portato il suo messaggio ovunque, il ministro Schillaci avrà un collaboratore senza paraoccchi, senza sovrastrutture ideologiche. Speriamo che funzioni