Ormai Matteo Renzi sembra deciso e accelera: rende pubbliche le ragioni che lo spingono a lasciare il Pd e a mollare gli ormeggi per il suo nuovo movimento che, affiancando i comitati civici di ‘Ritorno al futuro’, nascerà sia in Parlamento con un gruppo autonomo alla Camera e una componente nel misto al Senato, sia al governo con 2 ministri, Bellanova e Bonetti, e 2 sottosegretari, Ascani e Scalfarotto. In ambienti vicini all’ex premier si sottolinea che ci sarebbero le basi numeriche per formare un gruppo autonomo sia alla Camera (20 deputati) sia al Senato (10 senatori), si sottolinea in ambienti vicini all’ex premier. Il nuovo movimento, che potrebbe chiamarsi ‘Italia del sì’, non sarà un pericolo per il governo anzi «paradossalmente – garantisce Renzi sempre nell’intervista al Times – ne amplierebbe il sostegno». L’ex premier avrebbe assicurato lealtà a Conte stesso, a quanto si apprende. Nessun contatto, invece, spiegano al Nazareno, con il segretario Nicola Zingaretti.Per i fedelissimi che seguiranno Renzi sono molte le ragioni per separare le strade dal Partito democratico: «C’è uno spazio politico enorme – spiega uno dei dirigenti impegnati nell’operazione – sia nell’elettorato moderato visto l’appannamento di Berlusconi e la centralità di Salvini sia nell’elettorato di centrosinistra perchè sentir cantare ‘Bandiera rossa’ alle feste del Pd per molti elettori non è folclore e mette a disagio». Nessun timore della concorrenza al centro di un’eventuale soggetto creato da Carlo Calenda insieme a Matteo Richetti: «È un tema solo per il ceto politico non tra la gente», liquidano i renziani. Nel Pd, però, continuano a negare che si tratti di una «separazione consensuale». La scissione, per Enrico Letta, è «una cosa non credibile, non c’è alcuno spazio per una scissione a freddo, e parlare di separazione consensuale non ha senso». Renzi ormai ha però mollato gli ormeggi ed è convinto che, spiega al Times, «siamo 1 a 0 contro il populismo, è importante sconfiggere Salvini fra la gente, non solo politicamente» dopo averlo messo fuori gioco al governo con l’intesa M5S-Pd sul Conte bis. Non tutti i fedelissimi, però lo seguiranno: Luca Lotti e Lorenzo Guerini, neo ministro della Difesa, restano nel Pd, in contrasto con la decisione dell’ex leader dem, così come Nardella e altri parlamentari. Una separazione dolorosa che Renzi ha deciso di accelerare proprio per aver tempo di spiegare la decisione prima della Leopolda, dove, raccontano i suoi, si traccerà la rotta del nuovo movimento.