Prezzi alle stelle e crollo del turismo di massa. Il motivo? I prezzi choc, quelli impressi sui listini per una giornata di relax nei locali, nei resort, negli stabilimenti. Ma non è l’unica causa. La Sardegna, soprattutto negli ultimi dieci anni, ha alzato l’asticella dei prezzi su tutti i servizi, ristorazione e hotel, oltre voli e traghetti. In queste due regioni nonostante il sistema alberghiero abbia subito un contraccolpo economico i prezzi non sono scesi. A fine stagione gli imprenditori dovranno decidere se stare dentro o fuori quel mercato del turismo che non esiste più
Di Stefania Pascucci
Un’estate al mare, voglia di remare, fare il bagno al largo per vedere da lontano gli ombrelloni, -oni, -oni. Così, una volta, cantava l’indimenticabile Giuni Russo. Quest’anno, invece, ai turisti di Puglia e Sardegna nelle località marine è venuto da piangere. Il motivo? I prezzi choc, quelli impressi sui listini per una giornata di relax nei classici stabilimenti. Ma non è l’unica causa. La Sardegna, soprattutto negli ultimi dieci anni, ha alzato l’asticella dei prezzi su tutti i servizi, oltre la ristorazione e la sistemazione alberghiera. Ma gli imprenditori del turismo hanno fatto i conti senza l’oste, ovvero la materia prima: i viaggiatori. Solo nel mese di agosto sono precipitati al 90 per cento in meno i costi dei biglietti dei traghetti e dei voli rispetto il mese di giugno. D’altro canto, bellezza, è la legge del mercato: poca domanda, i prezzi calano.
Sarà anche l’effetto inflazione, sarà anche l’effetto guerra Russia contro Ucraina, fatto sta che la Sardegna ha perso il suo flusso turistico di riferimento, quello dei ricchi russi che riempivano le camere dei cinque stelle a porto Cervo, dominus incontrastato della Costa Smeralda. Le camere durante il solleone costano minimo millecinquecento euro a notte per una classic di appena 24 metri quadrati, non stiamo parlando di suite. E di camere con vista mare-binocolo, tra l’altro. In Sardegna non c’è più neanche la massa di italiani a fare le vacanze estive da qualche anno; al loro posto prepotentemente è arrivato un turismo straniero in grado di tenere botta ai prezzi stellari imposti da una economia di mercato che ora non esiste più. Le spiagge bianche e il mare cristallino della Gallura sono state barattate dai sardi per il lusso, ma quella è solo natura e appartengono al demanio marittimo dello Stato, della Regione Sardegna e dei comuni Olbia e Arzachena che a loro volta ne detengono la concessione che viene data in esclusiva al “Consorzio Costa Smeralda” dal 2006.
La Puglia, in questi ultimi otto anni, dieci anni, ha avuto quel flusso turistico, in parte proveniente dalla Costa Smeralda, che si era conquistata attraverso un’offerta qualità-prezzo. Ed è nato uno stile del tutto nuovo: La vacanza in “Masseria” che per antonomasia ha iniziato a far parte del vocabolario turistico diventando inizialmente una meta d’élite. Si sono moltiplicate le masserie – vere o presunte tali – spesso prive delle caratteristiche originali di quelle strutture tipicamente pugliesi, “aggiornate” solo per sfruttare un mercato emergente nato un decennio fa. E quest’anno in Puglia è scoppiata la crisi turistico- economica come in Sardegna. Paginate intere di giornali a parlarne, Tg compresi. I numeri del turismo pugliese sono tagliati del 50 per cento. Meno presenze nei territori più iconici, quali Monopoli, Polignano a Mare, Ostuni, Lecce sembrano essere desertificate rispetto ai tempi del boom .
Secondo Maurizio Tistarelli, direttore del resort Rosa Marina di Ostuni, un quattro stelle, il fatto «che ci siano i prezzi elevati è frutto della grande attrazione che c’è stata della Puglia, ma più in generale dell’Italia negli anni successivi alla pandemia, quando tanti mercati erano chiusi, tanti voli ed anche aeroporti non potevano più assorbire». Tistarelli è convinto che il periodo del Covid abbia fatto la differenza. Infatti, «Con le vacanze low cost – continua il direttore – si è riversata gran parte di clientela abituata a viaggiare oltre oceano in Italia e questo ha fatto sì che si siano riempite anche località che normalmente non lo erano. Questi extra numeri hanno generato magari una miopia nella gestione anche della tariffazione».
Di turisti in piena stagione nelle piazze e nelle spiagge più frequentate, ce n’erano meno della metà di quelli che eravamo abituati a vedere durante il post Covid. Tra le ragioni, i viaggi all’estero che costano meno dell’Italia, non a Sharm e Sheik ma in Albania, in Montenegro, in Croazia e in Grecia dove i prezzi sono molto più bassi che in Italia a parità di mare limpido e servizi. In Sardegna e Puglia nonostante il sistema alberghiero abbia subito un contraccolpo economico i prezzi non sono scesi. A fine stagione gli imprenditori dovranno decidere se stare dentro o fuori quel mercato del turismo italiano che non esiste più.
Anche Maurizio Tistarelli ne è convinto. «In effetti quest’anno molte strutture non sono in grado di raggiungere i risultati degli scorsi anni e questo sicuramente porterà a un livellamento dei prezzi». Sulle località estere il direttore del resort di Ostuni ha le idee chiare: «Le famiglie trovano dei prezzi più abbordabili, magari all’estero, con delle nuove mete o con delle mete che prima non erano state mai prese in considerazione, ho sentito tanta gente che oltre a fare le vacanze in Croazia adesso comincia anche a vedere l’Albania, se non addirittura ritornare in quei luoghi un po’ esotici che sono diventati di nuovo abbastanza competitivi». La chiosa finale di Tistarelli apre a un contributo di speranza (molto ambiziosa): «Spero che questa situazione possa portare una presa di coscienza di come effettivamente tornare a fare un turismo con un corretto rapporto qualità prezzo».