DI Vanessa Seffer
Digitando sul sito PubMed.gov nel database della US National Library of Medicine del National Institutes of Health le parole “work related stress” appaiono 42397 articoli scientifici.Abbiamo sempre ritenuto, magari erroneamente, che lo stress fosse una patologia tipica della moderna società occidentale e l’abbiamo attribuita ad una variegata mescolanza di fattori non solo lavorativi ma anche familiari, sociali, ambientali, di relazioni interpersonali, arrivando a mettere comunque ai primi posti della virtuale classifica dei fattori stressanti, l’Agenzia delle Entrate, traslocare e il tifare per l’Inter nei periodi pre e post Mourinho.
La mia ricerca voleva approdare ad una analisi sociologica alla luce delle più recenti evidenze scientifiche e delle più infervorate svariate decine di denunce della Cisl Medici sulle violenze ai danni della categoria sanitaria, ma si è subito fermata di fronte ad un titolo molto interessante a dimostrazione di come un titolo, non solo in ambito giornalistico, possa catturare l’attenzione del potenziale lettore stimolandone l’approfondimento.
“Work-related stress, burnout, and related sociodemographic factors among nurses: Implications for administrators, research, and policy” è appunto il titolo dell’articolo scientifico che esamina lo stress lavoro correlato e la sintomatologia caratteristica del burnout negli infermieri. E fin qui nulla di nuovo sotto il sole, sappiamo che gli infermieri e gli altri operatori sanitari, a cominciare dai medici, hanno carichi di lavoro importanti, orari sempre più difficilmente conciliabili con la propria vita privata, contenziosi medico legali ed una serenità occupazionale ormai ai minimi termini stretti come sono tra precariato, stipendi inadeguati, mancato riconoscimento del ruolo sociale ed aggressioni ormai quotidiane a loro carico. Finchè si accende una lampadina e leggo che il lavoro scientifico fa riferimento alla Nigeria. Oddio la Nigeria, dove sta la Nigeria di preciso? So che è in Africa e digito su Wikipedia alla ricerca di ulteriori informazioni. Si trova nel Golfo di Guinea, la capitale è Abuja, chissà perché ricordavo Lagos, e il calciatore più famoso non so proprio dirvi chi sia visto che Samuel Eto’o, cioè l’unico calciatore ad avere realizzato un treble in due stagioni consecutive e con due maglie diverse, Barcellona e Inter, è camerunense. Evito di pensare che in Nigeria c’è Boko Haram, il gruppo jihadista che fa strage di cristiani, di donne e bambini, di civili e di militari e che l’omosessualità in quel Paese è un reato per il quale è prevista la pena di morte. Poi nell’articolo scientifico si legge che gli autori hanno consapevolezza che il genere maschile o femminile dell’infermiere è strettamente collegato allo stress lavorativo e anzi per dirla tutta ed evitare equivoci “Among the sociodemographic factors examined, only sex was found to be significantly associated with work-related stress”.
Il 48,8% della popolazione professa la religione islamica mentre il 49,3% della popolazione aderisce al cristianesimo.Cosa significhi tutto questo resta da capire. In Italia, di questi tempi, di motivazioni alla base dello stress lavoro correlato in campo sanitario se ne conoscono tante ma una credo sia più importante di tutte, le aggressioni al personale. Ed allora aggiorniamo il bollettino di guerra: nella notte tra il 14 ed il 15 ottobre a Roma violenta aggressione a medico ed infermiere del 118, in servizio su una ambulanza.
Poche ore fa invece a Palermo, al Buccheri La Ferla, una ragazza ha aggredito con calci e pugni la dottoressa e l’infermiera mentre tentavano di visitarla, adesso dovrà rispondere di aggressione e lesioni a pubblico ufficiale.
Inasprimento delle pene, certezza delle stesse e tolleranza zero. Chissà quando arriverà il momento che a dirlo non saranno in quasi non beata solitudine i medici della Cisl del Lazio.
@vanessaseffer