La presidente della associazione datoriale che raggruppa buona parte della sanità privata del Lazio, Jessica Faroni, apre nuovamente all’assessore D’Amato. La crisi del Recup ha drammaticamente evidenziato i problemi del sistema e i disagi cui va incontro l’utenza. Un accordo c’è ma non tutte le Asl vi hanno dato seguito. “Abbiamo provato con diverse proposte, non ci hanno ascoltato”
Di Irene Acinapura
Passati i momenti caldi della crisi politica nazionale, avviato il nuovo governo, si può tornare ad affrontare con relativa serenità le emergenze – emerse e sommerse – della sanità laziale. Ci sono nuovi equilibri politici in vista, strategie da variare, ma i problemi sono quelli di sempre, sembrano insolubili nonostante circolari, delibere, tavoli di confronto, tentativi con o senza logica. Le liste d’attesa, per esempio, o la gestione dei posti in Rsa. E’ appena sfiammato il caso Recup, che ha avuto, proprio in rapporto alle liste d’attesa, un effetto deflagrante sui bisogni della utenza. L’intero sistema delle prenotazioni è collassato, ci vorrà tempo prima di medicare questa ferita. Intanto le organizzazioni datoriali premono sulla Regione per fare la loro parte, per dare in loro contribuito a risolvere i problemi. L’Aiop si è messa a disposizione, offrendo, sulla falsariga di accordi già fatti ma mai andati realmente a regime, un contributo concreto da parte di tutte le strutture convenzionate. L’Aiop, dice la presidente della associazione Jessica Faroni, è pronta a supplire, ad integrare, ad aprire le agende delle prenotazioni. Chiedono che l’intesa riguardi tutte le strutture e tutte le Asl. La Regione può rifiutare l’offerta? Ne parliamo con la stessa Faroni
Un giornale romano ha sollevato recentemente la questione liste d’attesa. C’è poi stata l’emergenza provocata dal collasso del Recup regionale.. L’immagine è di inefficienza del servizio di prenotazioni. Centralini, ospedali fanno da se’. Il caos insomma.Ma non era tutto risolto?
No, non è risolto, si stanno attivando ma ancora sono lontani dalla soluzione finale. Il problema è che c’è un collo di bottiglia sulle visite e sull’ambulatoriale perché il sistema ricoveri e assistenza del paziente a 360 gradi è ancora ben lungi dall’essere accessibile.
Ormai sono secoli che i privati si sono offerti di dare una mano, c’era un accordo. E’ mai stato pianificato sul serio? E adesso confermare la vostra disponibilità?
Si, l’accordo è stato fatto, ma non tutti hanno dato seguito. Alcune ASL hanno messo in funzione il sistema altre no, dipende dal territorio e dalle singole ASL. Noi come strutture private siamo pronti; c’è stato un iniziale problema di accesso al CUP regionale per incompatibilità fra i sistemi informatici ma ci siamo attrezzati e siamo pronti, sia gli slot per le visite che i posti letto sono a disposizione dell’utenza. Ripeto, noi siamo pronti a dare il nostro contributo per il bene di tutti.
Secondo lei non c’è l’interesse a dare seguito all’accordo?
Non si tratta di interesse ma di scarsa capacità organizzativa, di inefficienza di una struttura vecchia, molto burocratizzata.
In mancanza di questa Intesa gli imprenditori privati possono mettersi veramente in concorrenza e sviluppare un sistema alternativo?
Noi di fatto abbiamo già un sistema di prenotazione e di gestione che risente del vincolo di budget stabilito dalla Regione per cui oltre un certo numero non possiamo accettare altri utenti e questo, di fatto, blocca anche le liste di attesa. La Regione per risparmiare pochi euro ha tolto il 6% ai servizi ambulatoriali dei privati riducendo centinaia di prestazione e aumentando di fatto le liste di attesa; l’effetto si ripercuote anche sulle strutture pubbliche, poiché chi non trova posto da noi si rivolgerà altrove dove si scontrerà ugualmente con le liste di attesa ed andrà ad allungarle. Possiamo ridiscutere l’intera materia.
Alla luce della situazione attuale, si potrebbe prendere in considerazione la ricontrattazione del budget. C’è stato da parte vostra un tentativo in questo senso?
Abbiamo provato con numerose proposte, ma le risposte sono state sempre negative adducendo come ragione la riduzione della spesa; direi che probabilmente non sanno risparmiare da altre parti. Ma torno a ripetere. Siamo pronti a risederci di fronte ad un tavolo e a trovare soluzioni condivise
Qualcuno pensa che per sopperire alle carenze gestionali/organizzative il pubblico cerchi di sminuire la concorrenza privata?
Non direi, anzi, voglio poterlo escludere. Perché in pratica è un danno per tutti, per gli utenti, per il settore privato che è bloccato nell’offerta dei servizi e per il pubblico. Essendo il settore privato una valvola di sfogo per il pubblico, di fatto la situazione che si crea è quella di un cane che si morde la coda: se crescono le liste di attesa da noi crescono anche per il settore pubblico stesso.
Il budget non si tocca, su quali altri fronti si potrebbe agire per ridurre le liste di attesa?
Innanzitutto andrebbe gestita l’appropriatezza e poi c’è una questione a monte, cioè il taglio dei posti letto. Questo, come prevedibile, ha avuto una ricaduta sui servizi ambulatoriali: nel momento in cui si crea un sistema per cui la richiesta viene deviata sull’ambulatoriale, per dare possibilità al cittadino di accedervi, si deve prevedere un potenziamento del sistema privato con un aumento del numero di prestazioni da poter offrire, quindi aumentando e non riducendo il budget.