Di Vanessa Seffer
I lavori socialmente utili, detti anche di pubblica utilità, vengono adottati come sanzione penale sostitutiva in svariati ambiti di applicazione, ma soprattutto per quanto riguarda alcune violazioni al Codice della strada. Lo spettro di applicazione di tale sanzione è stato ulteriormente allargato a diverse altre fattispecie penali, che hanno configurato il lavoro di pubblica utilità come una modalità di riparazione del danno collegata all’esecuzione di diverse sanzioni e misure penali, che vengono eseguite nella comunità.
Se si applicasse questa misura nella problematica delle aggressioni nei confronti dei medici e del personale infermieristico, che non trova ancora una soluzione efficace, portando alla condanna e successivamente a scontare la pena con i servizi sociali, quindi a prestare opera presso i Pronto Soccorso?
Lo abbiamo chiesto al Segretario Generale della Cisl Medici Nazionale Dott. Biagio Papotto.
L’ipotesi era già ventilata fra noi della Cisl Medici, il tema è interessante e da approfondire.
Va rilevato che l’ affidamento in prova ai servizi sociali è una misura alternativa alla detenzione in carcere ed è finalizzata ad evitare alla persona condannata la condizione di privazione della libertà personale.
Quindi per affidare una persona ai servizi Sociali occorre una condanna detentiva e dunque un reato ben più grave, dal punto di vista del Codice, di una aggressione a medici e infermieri di una struttura sanitaria e ciò anche a prescindere dalla titolarità o meno del ruolo di pubblico ufficiale. Ovviamente nessuno di noi se lo augura. E questo sarebbe già un primo limite all’ipotesi.
Il periodo di affidamento del condannato al Servizio Sociale, fuori dall’istituto di pena, è equivalente a quello della pena da scontare.
La misura è regolamentata dall’art. 47 dell’Ordinamento Penitenziario (Legge 26 luglio 1975 n. 354) così come modificato dall’art. 2 della Legge n. 165/1998. L’affidamento in prova al Servizio Sociale serve in primo luogo ad evitare il contatto del condannato con l’ambiente carcerario e dunque consente al condannato di espiare la pena detentiva in regime di libertà controllata.
L’applicazione dell’affidamento comporta l’instaurarsi di una relazione collaborativa con la struttura di esecuzione penale esterna.
E questo potrebbe essere un dato interessante considerato che non vogliamo essere giustizialisti ne giustizieri e riteniamo utile che chi ha aggredito un medico riesca a rendersi conto delle difficoltà che il camice bianco deve fronteggiare nell’espletamento del proprio lavoro. Difficoltà ambientali e logistiche, difficoltà di turni stressanti e con scarso riposo ad intervalli, difficoltà di diagnosi, problematiche medico legali e, appunto, forte rischio per la propria incolumità personale. Ormai ci sono colleghi che uscendo di casa per andare a lavorare in un Pronto Soccorso salutano la famiglia sapendo di andare se non in guerra almeno in prima linea.
Ai fini dell’affidamento sociale deve essere predisposto un programma di trattamento individuale dove vengono evidenziate le attività che il condannato dovrà svolgere, gli obblighi e gli impegni cui deve attenersi ed i controlli cui sarà sottoposto.
Questo è vero ed il soggetto affidato dovrà anche adoperarsi in favore della vittima del suo reato ed in questo ci vedo una sofferenza al contrario, una sorta di contrappasso dantesco che regola la pena che colpisce chi delinque mediante il contrario della loro colpa o per analogia a essa. Verrebbe da sorridere al pensiero che l’aggressore possa trasformarsi nella guardia del corpo del camice bianco che egli stesso aveva aggredito.
Però in un’ottica di buonismo, che va molto di moda nel nostro Paese, diciamo che ci sta se può contribuire a rendere consapevole questo individuo rispetto a quanto fatto in precedenza. Tuttavia siamo in un campo ancora teorico e a fronte del silenzio della politica sul tema aggressioni agli operatori sanitari vedo estremamente improbabile il percorso dell’affidamento considerato che in Italia è proprio la certezza della pena ad essere incerta. Mi accontenterei che ci fosse maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica sulla gravità sociale di questi episodi, e su questo sta facendo molto la nostra Federazione della Cisl Medici in tutte le regioni impegnata a lavorare da mesi, cercando di smuovere non solo le coscienze dei cittadini ma anche della politica che dovrebbe dare risposte.
@vanessaseffer