Centrodestra diviso e in fibrillazione. La Regione è governata da una Giunta di centro destra che ha visto penalizzato all’interno dell’assemblea legislativa quello che oggi è il partito guida nel paese, Fratelli d’Italia; la Lega è fuori dall’Esecutivo, il Pd è debole e i grillini sono troppo concentrati nel cercare accordi di potere con il governatori per pensare ad una linea propria
di Paolo Dordit
Tutti i riflettori dei media sono puntati sui grandi temi politici del momento, parliamoci chiaro, il Molise può attendere, i vertici nazionali dei partiti, le istituzioni, ci penseranno quando ne avranno il tempo. Del resto la Regione è piccola, sposta pochi consensi e percentuali, al massimo può essere considerato uno dei cosiddetti “laboratori politici”, dove si sperimentano soluzioni alternative. E in qualche modo il Molise rientra in questa definizione. Ha un capoluogo, Campobasso, in mano al M5S, oggi una anomalia nel panorama italiano; è governato da una Giunta di centro destra che ha visto penalizzato all’interno dell’assemblea legislativa quello che oggi è il partito guida nel paese, Fratelli d’Italia, estromettendo dall’aula due consiglieri (di cui uno è persino il coordinatore regionale del partito della Meloni) attraverso una riforma della legge elettorale applicata retroattivamente. Tanto da far rabbrividire persino la Corte di Cassazione che ne ha sancito l’illegittimità. Per non parlare della Lega, messa fuori dall’esecutivo dall’oggi al domani per riequilibrare i posizionamenti di eletti che in cinque anni hanno risposto solo a sé stessi senza mai coinvolgere i partiti.Il Pd è debole. Né i pentastellati, che occupano ben sei consiglieri su otto nella minoranza consiliare, sono riusciti a lasciare un’impronta perché troppo concentrati a trovare accordi con il governatore piuttosto che a scommettere su una reale opposizione.
Sul piano generale ci sono delle forti criticità sul piano sociale e sanitario, c’è una eccellenza nel campo della neuroriabilitazione, Neuromed, di proprietà di una famiglia che esprime il politico più importante, più potente della Regione, Aldo Patriciello, europarlamentare di FI, un playmaker occulto che fa, disfa e determina standosene ai margini. C’è quello che è diventato un oggetto misterioso, Gemelli Molise,residuo di una operazione fortemente voluta dal Vaticano per anni considerata una utilissima carta double-fax per la sanità molisana. E c’è un caos politico che si perde in tanti piccoli rivoli. Una giunta finita più volte nel mirino delle autorità centrali, sempre inadempiente, sempre inadeguata e pure saldamente radicata al potere. Donato Toma è il capo di una destra atipica, governatore, commissario, avversario di sé stesso. Nei fatti pronto a viaggiare per una sua riconferma, a parole pronto a passare la mano. Ma a chi?
A sentire lui, il governatore, a parte sé stesso il suo successore dovrebbe essere il suo braccio destro Pallante di FDI in segno di continuità amministrativa. Nonostante i tanto amati sondaggi della Ghisleri abbiano dimostrato che i molisani bocciano Toma e i suoi assessori.
In questi cinque anni giganti della politica, leader carismatici all’orizzonte non ne sono spuntati. C’era (e c’ è) un politico che a Roma ha anche contato qualcosa, che il Palazzo lo ha conosciuto e lo conosce. E’ stato in parlamento, è stato governatore, poi una vicenda giudiziaria durata un decennio e dalla quale è uscito indenne, senza macchia. Ma politicamente lo ha svantaggiato dopo che una sentenza del Tar annullò le elezioni vinte per la terza consecutiva nel 2011 grazie della presenza del tribunale amministrativo regionale di due magistrati finiti poi nelle stanze dei ministeri del Partito Democratico con Bersani prima e Speranza poi. Eppure, nonostante tutto, dopo 12 anni, in Molise ancora si parla di Michele Iorio ritenuto da una parte vecchio e superato, dall’altra l’unico capace di rimettere in riga la Regione, l’unico reale competitor di Patriciello.
Scorrendo le cronache locali si capisce come il Molise sia provincia e voglia continuare ad esserlo, di come nessuno provi a volare alto, a sognare, a innovare. Solo piccole beghe locali, piccoli pasticci. Eppure il Molise che si svuota ha una lista di giornali, di agenzie di stampa, di blog, tutti avvitati su se stessi. La politica nazionale è appena riverberata a livello locale e i grandi media ricambiano il disinteresse. Di Molise non si parla mai se non per questioni di folklore e turismo.
Oggi si va veloci verso le regionali, possono servire da trampolino per un possibile rilancio.
Basta trovare qualcuno capace di cogliere l’occasione, di mettere insieme la necessità di una classe politica di esperienza con la necessità di un rinnovamento.
Incapaci di scegliere la propria guida sul territorio, gli addetti ai lavori si affidano alle scelte romane troppo impegnate con le composizioni delle giunte di regioni ben più pesanti a livello di consensi.
Così mentre sul territorio si sente l’esigenza di chiudere la partita della scelta romana per poter lavorare in vista di giugno 2023, il Pd e i cinquestelle tentano un accordo distanziato dalle richieste dei partiti con Conte che vuole proporre una terna di nomi da cui il Pd potrà attingere il preferito, e il Pd che risponde lanciando una scelta condivisa, magari anche tramite le primarie. Il centrodestra nicchia imbarazzato dai danni fatti dall’esecutivo uscente che vuole avere l’ultima parola nei giochi romani. Intanto negli ospedali si continua a chiudere i servizi, l’unica radioterapia interrompe le prestazioni costringendo i malati di cancro ad andare a curarsi fuori regione, il trasporto pubblico locale è alla canna del gas, le strade sono dei colabrodo che le mulattiere a confronto sembrano un’autostrada. E il Molise continua ad essere una terra a cui far visita ogni cinque anni, in occasione delle elezioni politiche, per poi tornare nel dimenticatoio della politica nazionale e nel provincialismo della politica locale.
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