Il Pd cerca la strada, riflette sul suo futuro, ma è incapace di fare scelte decise, coraggiose, rapide. Riflette in questo l’anima del suo segretario, noto per la sua prudenza, per l’attenzione a non esporsi, per la ritrosia ad ogni tipo di scelte che non siano obbligate o garantite. Quando chiude la porta e lascia fuori gli slogan il segretario nonché governatore del Lazio pensa sicuramente alla difficoltà di inventarsi politico pragmatico e studia come giocare di rimbalzo sulle mosse degli altri. Il risiko è bloccato, in stallo, così come la sua carriera politica. Dovrebbe farsi coraggio e scegliere una poltrona per sé, “sacrificandosi” per il bene del partito. Ma non è strategia che gli appartiene. Oggi il leader dei dem paga l’handicap di non avere un ruolo centrale nell’Esecutivo e di non avere il controllo sui suoi parlamentari, perchè i gruppi non rispondono a lui. D’altra parte Zinga è così impegnato a tenere tutti sull’asse di equilibrio da giustificare questo atteggiamento. Andare a votare perché gli italiani scelgano per conto suo e gli indichino la strada? Ma quante probabilità ci sono che si vada a votare in tempi brevi?
Dicono i suo che in in caso di elezioni anticipate lascerebbe la presidenza della Regione Lazio, candidandosi in Parlamento. Ma l’ipotesi è remota. L’opzione di andare al governo è sul tavolo. Lo dicono e lo scrivono in molti. Potrebbe avere il Viminale e la patata bollente dei migranti da gestire. Proprio lui…Ma è sicuro che questa mossa lo rafforzi? Sono i candidati a sostituirlo alla guida del partito, il suo vice Andrea Orlando in primis , a spingerlo per rompere gli indugi. Altri preferiscono tenerlo lì, su quella scrivania di segretario, per continuare a fare i fatti loro, come si fa in classe con un maestro distratto. Perché distratto Zingaretti certamente lo è, troppe cose da controllare continuamente e non tutte in linea tra loro. Conte è ingovernabile, gli alleati grillini gli creano solo dolori e guai, il capo delegazione Pd Franceschini gioca un ruolo praticamente autonomo; ancora, la Regione.
Abbandonata a sé stessa va avanti per forza di inerzia. I fedelissimi controllano la situazione, è la cassaforte politica da sfruttare in termini di voti e di consenso. Ma quanto puo’ durare? Faticosissimo fare lo slalom tra grillini e centro destra con una maggioranza risicatissima. Poi c’è la capitale. Non si può prescindere dalla situazione del Campidoglio. Controllare Roma vuol dire avere un potere enorme. Zingaretti potrebbe fare il sindaco. Sta facendo la guerra alla Raggi fin dal primo giorno, potrebbe sfidarla in campo aperto. Lui ha sempre detto di no, per il Pd capitolino sarebbe solo un problema in più. Dunque che fare?