Arriva, dopo oltre sei anni di distanza dalla tragedia, la sentenza sul processo di primo grado per Rigopiano, l’hotel di Farindola travolto da una valanga il 18 gennaio 2017, evento in cui morirono 29 persone:. Imputati 30 tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
La sentenza è prevista per il pomeriggio di oggi. Un processo che ripropone i temi della prevenzione e del rispetto delle leggi ambientali, che potrebbe fare da eco alle sentenze sulla strage di Viareggio o quella sull’operato della Commissione Grandi Rischi a pochi giorni dal sisma che sconvolse L’Aquila. Ma si pone anche il problema della lentezza della giustizia italiana: al di là della sospensione per Covid e dei 15 rinvii registrati sembrano troppi i 1.318 giorni intercorsi tra la prima udienza, 16 luglio 2019, e domani, giorno della sentenza, a fronte della media italiana di 1.600 giorni per i tre gradi di giudizio nel processo penale, considerando anche che si tratta di un rito abbreviato. Il pm, Giuseppe Bellelli, ha chiesto “una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di amministratore pubblico che aveva il dovere di prevedere la valanga ed evitare la tragedia”. La condanna più pesante, 12 anni, è stata chiesta per l’ex prefetto Francesco Provolo. Inoltre, tra le altre richieste di condanna ci sono gli 11 anni e 4 mesi chiesti per il sindaco, in carica, di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, i sette anni e otto mesi per il gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, i sei anni per l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco. Sul fronte del depistaggio in Prefettura, 2 anni e 8 mesi per Daniela Acquaviva e Giulia Pontrandolfo; due anni per Giancarlo Verzella.