Un fiume di denaro che doveva arrivare nelle casse del Comune di Roma ma che albergatori e gestori di strutture ricettive della Capitale si sono intascati, per anni. Si tratta della tassa di soggiorno sul cui mancato versamento la Procura ha accesso da mesi un faro mettendo in atto, è proprio il caso di dirlo, una guerra senza quartiere.
Nei confronti dei titolari l’accusa è di peculato in quanto ricoprono un ruolo di pubblici ufficiali. La tassa di soggiorno è stata codificata nel 2010 e prevede un contributo a carico di chi alloggia nelle strutture alberghiere da applicare secondo criteri di gradualità. I turisti che pernottano a Roma sono tenuti al pagamento di una imposta giornaliera che parte da 7 euro.
Denaro che i gestori sono tenuti a girare al Campidoglio ma, come sta emergendo dalle indagini, quasi mai avviene. Anche alcuni alberghi storici di Roma sono finiti all’attenzione dei pm, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. E’ il caso del Grand Hotel Plaza, nella centralissima via del Corso. Il gestore Cesare Palladino, padre dell’attuale fidanzata del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non ha versato l’imposta per un totale di 2 milioni di euro. Per questa vicenda nel luglio scorso ha patteggiato davanti al gup una pena ad un anno due mesi e 17 giorni.
Sotto la lente degli inquirenti strutture presenti in tutti i quartieri della Capitale: dal centro storico, ai Parioli, dall’Aurelio a zone periferiche come in via Palmiro Togliatti e Prenestino.
L’ultimo sequestro, pari a circa 200 mila euro, è stato disposto il 21 ottobre scorso dal gip nei confronti del rappresentate legale della società che gestisce l’hotel a quattro stelle Domidea. L’imprenditore è accusato di essersi intascato la tassa di soggiorno dal 2015 al 2018.