La piccola Indi Gregory, affetta da una patologia mitocondriale considerata incurabile, è scomparsa, come confermato dall’avvocato Simone Pillon e da Iacopo Coghe di Pro Vita, membri del team legale della famiglia. La neonata, a cui erano stati staccati i supporti vitali, ha trovato la morte alle 01:45 ora inglese.
Il padre di Indi, Dean Gregory, esprime la sua profonda angoscia e vergogna riguardo alle circostanze della morte della figlia. Afferma che il Servizio Sanitario Nazionale e i tribunali non solo le hanno negato la possibilità di vivere, ma le hanno anche tolto la dignità di morire nella casa di famiglia a cui apparteneva. Dean rivela che la madre, Claire, ha tenuto Indi con sé per i suoi ultimi respiri, ma il sistema sanitario e legale ha interferito nel processo di addio.
Il padre lamenta il fatto che il corpo e la dignità di Indi siano stati strappati loro, ma sottolinea che l’anima della bambina rimarrà intatta. Accusa il sistema di aver cercato di eliminare Indi senza che nessuno lo sapesse, ma promette che la sua memoria sarà preservata. Dean afferma di aver riconosciuto la specialità di Indi sin dal giorno della sua nascita.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, condivide il dolore della famiglia Gregory e dichiara che hanno fatto tutto il possibile per la piccola Indi, ma purtroppo non è stato sufficiente. Esprime i suoi sentimenti su social media augurando un “buon viaggio” alla bambina.
Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, critica aspramente il sistema sanitario e legale inglese, definendolo impregnato di una cultura eutanasica barbara. Sottolinea che Indi è stata “uccisa” in nome di un presunto “miglior interesse” e accusa il sistema di aver rifiutato alternative mediche proposte dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Coghe respinge categoricamente questa “cultura di morte” e promette di non piegarsi mai ad essa. La morte di Indi Gregory solleva dubbi e preoccupazioni sulla gestione delle situazioni di malattia terminale e sull’eticità delle decisioni mediche e legali.
