Hanno insultato e poi picchiato due medici del Policlinico Umberto I della Capitale ritenendoli colpevoli della lunga attesa al pronto soccorso. Per questo un 36enne romano e una 23enne di Genzano, entrambi senza fissa dimora e con precedenti, sono stati denunciati ieri dai carabinieri della stazione Roma Macao. Le accuse nei loro confronti sono quelle di interruzione di pubblico servizio, violenza a incaricato di pubblico servizio e lesioni personali. A causa dei colpi subiti uno dei dottori è stato medicato alla spalla con 10 giorni di prognosi. I due responsabili sono stati denunciati per lesioni personali, interruzione di pubblico servizio e violenza a incaricato di pubblico servizio. Le due persone denunciate sono disoccupate e hanno precedenti.

“Nonostante gli impegni assunti sia a livello nazionale che regionale i pronto soccorso italiani, e di Roma in particolare, restano terra di nessuno – afferma Pierluigi Bartoletti vice presidente Omceo Roma – . Spazio agibile per la violenza dove aggredire medici è di una semplicità sconcertante. Gli ultimi due episodi sono accaduti ieri al Policlinico Umberto I riproponendo in modo preoccupante una emergenza nota e rispetto alla quale poco e nulla si è fatto per contenerla e contrastarla”.

“Forse – prosegue – è il caso di assumere quei provvedimenti promessi per rafforzare controlli e prevenzione. E’ urgente passare dalle parole ai fatti concreti perché il fenomeno si trascina da troppo tempo e ormai va assumendo cadenza quotidiana. Esprimo a nome dell’Ordine dei medici di Roma e provincia solidarietà e vicinanza ai due colleghi aggrediti colpevoli solo di svolgere il proprio lavoro al servizio dei cittadini, in uno dei Ps piu affollati della Capitale, una domenica di inizio agosto. L’Ordine è al loro fianco, augura pronta guarigione e chiede che i provvedimenti promessi diventino azioni concrete al più presto”.

“Sul dossier dei medici italiani aggrediti con sempre maggior frequenza, occorre una mobilitazione nazionale. Non è più accettabile che chi cura la salute altrui debba vedere messa in pericolo la propria, in spregio dell’art. 32 della Costituzione”.