bettini riflessi del nuovo asse giallo-rosso sulla politica romana. La Raggi ha la maggioranza assoluta, ma la svolta nei fatti è inevitabile e la vecchia classe politica che per anni ha gestito gli affari della Città Eterna torna a farsi sentire. Zingaretti da avversario diventa alleato, cambieranno strategie e obiettivi. La capitale è all’ultimo posto delle priorità del governo Conte, ma resta da vedere se questo significherà davvero qualcosa. E il centro destra? Sembrava a un passo dal cielo, ora deve ricominciare praticamente da capo

DI Giulio Terzi
Il primo dato è inconfutabile, la marcia di Matteo Salvini e delle sue armate leghiste sul Campidoglio almeno per ora è rimandata. Passare in un momento migliore, please. Tutte le strategie annunciate sulle occupazioni, sui migranti, sulla sicurezza tornano nel cassetto. Ovvio, la nuova anima del governo giallorosso ha idee molto diverse in proposito e Virginia Raggi dovrà abituarsi ad un cambio di passo. Il Carroccio potrà continuare a lavorare sul territorio, dove in questi mesi aveva piazzato decine di bandierine, ma tempi e modi cambiano inevitabilmente. Anche per quando riguarda la Regione ogni idea di ribaltone va messa da parte. Difficile pensare che i grillini pressino oltre misura il loro alleato di governo. In aula Giulio Cesare i grillini hanno fatto fin qui il bello e il cattivo tempo, forti della loro maggioranza assoluta. Più complessa la situazione per quanto riguarda la Città Metropolitana, dove la giunta Raggi ha galleggiato fin qui sostenuta da una silenziosa non belligeranza del centro destra e dei leghisti in particolare.
A Palazzo Valentini potrebbe cambiare molto, con un ruolo diverso del Pd. Ma sono questioni da affrontare e gestire in un secondo momento. Quello che conta è la questione di fondo. Se il centro destra fin qui ha rialzato la testa, se Giorgia Meloni ha guadagnato posizioni e consensi bisogna prendere atto che la svolta delle alleanza a livello nazionale e il ritorno in campo di un Pd rigenerato e “riverniciato” sembra essere opera quasi esclusiva della vecchia guardia del Pd capitolino, di quello zoccolo duro di leader e di dirigenti che non ha mai smesso di fare quadrato e di tessere rapporti e intrecciare interessi. Zingaretti esce da quel gruppo, in qualche modo ne è una espressione. Ora guidati dall’intramontabile Goffredo Bettini il partito vorrà riprendere consensi e potere, vorrà negoziare su tutti i campi. Se il Movimento Cinque Stelle è ancora in sella nei palazzi del potere nazionali lo deve al Pd che tenacemente ha insistito per una alternativa al nemico leghista, al centro destra nel suo complesso. E ora a Roma presenterà il conto. Non si è ben capito dove vada a parare Virginia Raggi, certo è che la sua autonomia nei fatti sarà sempre limitata. In questi giorni il sindaco ha incontrato l’opposizione di centro destra, ma non ne sono uscite grandi cose. Se parte dell’opposizione (leggi Pd) oggi è partner di governo, come cambieranno gli equliibri? La Lega sconfitta non vale molto, Forza Italia è l’ombra di sé stessa, La M eloni da sola non può rovesciare il mondo.
Ma lasciamo fare ai gattopardiani burattinai del vecchio Pd, quelli che sono cresciuti in un antico cantiere politico che si chiamava FGCI. Cambiare qualcosa per dare la sensazione che si sia intrapreso un nuovo corso, l’ennesimo messaggio di speranza per tranquillizzare l’opinione pubblica in un passaggio obiettivamente delicato. I riflessi del nuovo corso della politica nazionale non potranno non avere dei riflessi sulla situazione della capitale. Quelle due righe dedicate a Roma in fondo alle priorità del nuovo governo giallo-rosso sono la premessa per una svolta nella drammatica crisi che attanaglia la capitale? O al contrario nascondono ulteriori complicazioni ad un quadro già complicato? I giornali nazionali e locali si stanno sbizzarrendo in interpretazioni e previsioni per l’immediato e per il medio periodo. C’è veramente di tutto. La questione Daniele Frongia, ad esempio: ex vice sindaco e ora assessore allo sport è ora dato tra i papabili per il posto di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Ovviamente con la delega allo Sport e, a livello informale, con il ruolo di garante dei desiderata capitolini. Vero, falso, verosimile? Dicono che in questo periodo ha giocato sempre più spesso il ruolo di ambasciatore del Campidoglio nei palazzi del potere romano. Ci sono i rapporti con Giovanni Malagò, presidente del Coni, saldati dall’accenno di trattativa su Roma 2024 (le Olimpiadi naufragate tra le polemiche) e da una serie di attività congiunte su equitazione, atletica leggera e sul recupero dello stadio Flaminio. Può servire? Un uomo importante per la Giunta Raggi paracadutato a Palazzo Chigi come sottosegretario può essere utile alla causa?