A Roma è sempre più Far West, si può morire per un colpo alla testa reagendo ad uno scippo. Gli episodi di violenza si succedono, se non sono risse tra baby gang sono litigi tra extracomunitari o aggressioni ad operatori della sanità. C’è da aver paura, ma la politica è distratta, pensa ad altro. E’ autoreferenziale, i media la tengono al centro del mondo. La Raggi parla e riparla, gli altezzosi e supponenti grillini portano avanti i loro progetti di sogno, pensano alle biciclette e vogliono dare la “loro” impronta alla città. Ma i romani condividono davvero? Sono disposti a sopportare una città sporca e pericolosa? Il fatto è che il cittadino con i suoi problemi è una variabile indipendente, ci si deve abituare. Non è nemmeno una questione di risorse, è un problema di attenzione. La capitale, ma anche tante realtà italiane, è psicologicamente alle corde, respira aria di tensione e di violenza, possiamo fare qualcosa? Macchè, minimizziamo e non ci rendiamo nemmeno conto di quanto sia grave il problema. Che è soprattutto etico, e di cultura. Se non si presta attenzione, se non si bada a quello che passa per la testa della gente non possiamo durare a lungo. Nessuno fa un patto con i media per educare la popolazione, per farla crescere, perchè scelga di trasformare la realtà in cui vive. Non ci si riuscirà in una settimana, ma non si può non cominciare, è un discorso di buon senso. Una stretta all’ordine pubblico sposta il problema nel tempo, non lo risolve. I cattivi devono stare in prigione, devono essere messi in condizione di non nuocere, non si deve permettere che un giovane rapinatore si convinca di poter uccidere impunemente. Valanghe di articoli aggressivi, di inchieste di denuncia, di trasmissioni tv urlate e di pubblicità dolciastra, melensa, e avulsa dalla realtà non fanno certo crescere.