Oggi, 23 settembre, l’Italia ha perso una delle sue figure più emblematiche della politica moderna: Giorgio Napolitano. L’ex presidente della Repubblica, deceduto all’età di 98 anni, ha lasciato un segno indelebile nella storia del paese. Napolitano è stato il primo presidente della Repubblica ad essere eletto due volte, prima nel 2006 e poi nel 2013, servendo con dedizione per due mandati.
La sua carriera politica è stata lunga e illustre, con un ingresso in Parlamento risalente al lontano 1953. Inoltre, Napolitano è stato uno degli ultimi rappresentanti della vecchia guardia del Partito Comunista ancora in vita, affiancato da figure come Achille Occhetto e Aldo Tortorella.
La sua vita politica è stata fortemente caratterizzata dalla sua affiliazione di sinistra. Negli anni ’80, dopo la morte di Giorgio Amendola, Napolitano è diventato il capo dei miglioristi nel Partito Comunista Italiano (PCI), una corrente di riformisti in un contesto in cui il termine “riformismo” era spesso visto con sospetto nella sinistra dell’epoca. Questi miglioristi, tra cui Napolitano, Macaluso, Iotti, Lama, Chiaromonte e Bufalini, erano noti per il loro dialogo con il Partito Socialista Italiano (PSI) e il controverso leader socialista Bettino Craxi.
Napolitano era un leader straordinario, dotato di una moderna aristocrazia politica. Era uno dei pochi politici italiani a parlare fluentemente l’inglese, dimostrando una visione aperta e internazionale. Tuttavia, nonostante le sue capacità di leadership, è sempre stato il capo di una minoranza all’interno del PCI, guardato con sospetto dai sostenitori fedeli di Enrico Berlinguer e dai giovani seguaci dell’utopismo di Pietro Ingrao.
La sua figura è stata oggetto di intense discussioni e dibattiti all’interno del panorama politico italiano. Come ha scritto Michele Serra su “Tango,” l’inserto satirico dell’Unità, Napolitano era gradito agli intellettuali moderati, all’Alleanza Atlantica (NATO), a Salvatore Veca, al PSI e agli imprenditori liberali. Tuttavia, rimaneva una figura controversa tra i comunisti puri, rappresentando un’ala della sinistra italiana che cercava di migliorare la società esistente invece di abbracciare un utopismo radicale.
Con la scomparsa di Giorgio Napolitano, l’Italia perde un protagonista della sua storia politica e una voce autorevole nella sinistra italiana.