Di Giulio Terzi
“Roma avrà finalmente strumenti e poteri adeguati al ruolo di capitale d’Italia”. Parola di Giuseppe Conte, primo ministro del governo giallo-rosso. Ci crediamo davvero? Di poteri a Roma Capitale e di maggiori trasferimenti dallo Stato si parla da oltre un decennio, dopo un tentativo veltroniano di restituire a Roma il ruolo che merita. Ricordiamo la riforma approvata nel 2011 dal governo Berlusconi, salutata con squilli di tromba dall’allora sindaco Gianni Alemanno, e poi naufragata per la mancata approvazione dei decreti attuativi. Perfino i leghisti di “Roma ladrona” avevano messo nero su bianco nel contratto di governo siglato con il Movimento 5 Stelle l’intenzione di “rilanciare il disegno attuativo delle disposizioni costituzionali su Roma Capitale”. Precedenti che dovrebbero far riflettere. Ma è ovvio che la Raggi twitti un ringraziamento a Conte. Lo scetticismo di rigore è fuori luogo? Bisogna ammettere che Roma a dispetto delle parole è Roma è trattata ancora come una Cenerentola, chissà perché. Come se non avesse bisogno di essere sostenuta, come se la sua natura di capitale non comportasse oneri e doveri da supportare in ogni modo. Pensiamo ai trasferimenti per ogni abitante, la capitale è solo terza in Italia. Il primo posto è occupato da Napoli con 407,72 euro pro capite, seguita da Catania con 270,64 euro e quindi da Roma con 263,75 euro. A un passo si trovano Palermo (252,66 euro per abitante) e Torino (231,75 euro). I numeri annoiano, ma talvolta vanno esaminati con attenzione. Il totale dei trasferimenti che prendono la strada della città eterna (757 milioni di euro) è il valore più elevato in Italia, ma la sua reale consistenza va calcolata solo prendendo in considerazione la grandezza della città e la sua popolazione che sfiora i 3 milioni di abitanti. A comporre il totale concorrono principalmente il fondo di solidarietà comunale, dove viene versata una parte di Imu che i comuni girano allo stato, e i contributi per Roma Capitale, oltre 500 milioni di euro che prendono le vie consolari per coprire gli extra costi dovuti allo status di capitale della città eterna. Ma quello che manca a Roma – e che la differenzia dalla maggioranza delle capitali europee – è uno statuto speciale, che le riconosca anche un’autonomia federale nella gestione delle risorse. È quanto accade a Londra, Berlino, Parigi e Bruxelles. Siamo costretti a sperare che Giuseppe Conte faccia il miracolo. Sarebbe una ragione per ricordarlo negli anni a venire